Italian Grape Ale: alla scoperta delle birre IGA

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Italian Grape Ale: alla scoperta delle birre IGA

Chi è alla ricerca di profili aromatici nuovi e rinfrescanti troverà un mondo di possibilità nelle birre IGA.
L’acronimo sta per Italian Grape Ale e dal 2015 è stata ufficialmente riconosciuta come stile di birra dal Beer Judge Certification Program (BJCP), ente internazionale volto a promuovere la conoscenza dei diversi stili di birra.

Perché tanto clamore? Le birre non sono classificate solo in base a parametri visivi, olfattivi, contenutistici e produttivi, bensì anche per storia, origine e ricetta.
Questo significa che, almeno per ora, l’Italia ha compiuto un passo importante verso la definizione di uno stile birrario nazionale, nato dall’incontro tra malto, luppolo e uva.

Nel corso di questo articolo viaggeremo tra schiumature dorate e preparazioni artigianali in grado di solleticare il palato degli amanti della birra.

Breve storia della birra IGA

Siamo nel 2006 e ci troviamo a Maracalagonis, un piccolo centro del cagliaritano. La passione e la dedizione di due giovani soci porta alla creazione della BB10, prima birra IGA prodotta dalla Barley.
La sua apparizione sul mercato è potentemente legata alla terra. Infatti, la BB10 ha come base una stout russa impreziosita da sepa di Cannonau.
L’accoglienza presso il pubblico fu pressoché immediata, tant’è che dal 2008 al 2012, la Barley ha messo a punto altre 3 tipologie di IGA.

L’esempio fu trainante per altre realtà artigianali, tutte impegnate a lanciare la propria Italian Grape Ale di riferimento. È il caso della Birra del Borgo, con la sua Equilibrista, della Montegioco, che produce Tibir, e la LoverBeer, con BeerBera.
È la volta del 2015, quando la BJCP classifica la IGA nella Categoria 29 (Fruit Beer).

Caratteristiche organolettiche della birra IGA

Partiamo dall’aspetto, che presenta alla vista toni dorati e terrosi. È chiaro che, nel caso delle birre IGA, la trasparenza è direttamente influenzata dal tipo di uva e dalla quantità di uvaggio.

Rinfrescante e con buon profilo di acidità, oppure strutturata ma senza aromi invadenti, sono i due poli opposti lungo i quali trovano posto i caratteri olfattivi e gustativi della birra IGA.

L’assaggio di questa birra artigianale restituisce una buona portanza mielosa, sempre bilanciata dalle note del terroir vitivinicolo prescelto. Le proprietà aromatiche possono poi aprirsi, più o meno, al contributo offerto dal luppolo.

Infine, la persistenza in bocca è decisa, con aromi minerali e frutti tropicali.

Se la IGA ha mosto di uva bianca, si avvertono sentori di pesca, albicocca e ananas.
Viceversa, in caso di uva rossa, la platea del gusto è arricchita da profumi di ciliegia e fragola.

Come si produce una birra IGA

La ricetta di una IGA è soggetta a molte variabili.
Si tratta di una birra ad alta fermentazione a cui viene aggiunta dell’uva.
E qui entriamo già nel campo delle varianti.
Più propriamente, è possibile aggiungere, direttamente e in percentuali non disciplinate, uva, vinaccia o mosto (muto, cotto o fermentato).
L’unione può avvenire in diversi momenti, durante la bollitura, la fermentazione o il condizionamento.
A variare è anche il tasso alcolico, che abbraccia un range che va dal 4 al 10%.

In base alle esperienze gustative condotte fino a oggi, sappiamo che:

•l’assaggio di una birra IGA risente positivamente dell’assenza di sapori al cioccolato;
•che le note legnose derivanti dall’affinamento in botti devono essere sapientemente bilanciate, pena la rottura dell’equilibrio;
•l’ossidazione del mosto compromette irrimediabilmente il prodotto.

Segreti, sensibilità e sperimentazioni fanno delle IGA la più alta espressione del territorio, della biodiversità e della creatività del mastro birraio.

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